“Gocce d’acqua in un mare di petrolio”: il primo titolo pubblicato

Gocce d'acqua in un mare di petrolio

La prima raccolta di poesie dell’autore.

Le poesie vennero scritte fra il 1995 e il 2001. Un percorso di dolore attraversato dalla solitudine, la depressione e la disperazione di un giovane uomo che non conosceva ancora l’amore. Liriche che abbracciano temi come l’amore, il rapporto con dio e la religione, una poesia intima che guarda con interesse lo scopo della vita, uno scopo che pare non esserci per l’autore.

La raccolta si apre con la tetralogia delle stagioni. Nella lirica Autunno viene cercato il senso della vita:  “Le foglie che cadono, | stordite dal vento | toccano terra nutrendola. / Alcune però, catturate, | volano via col vento, nella fredda brezza”. In queste parole l’autore esprime la propria disperazione e il senso di vuoto che lo affligge,  con versi che sembrano voler ripercorrere le ultime tre strofe della poesia di Eugenio Montale Non recidere, forbice, quel volto”, che così il Nobel chiudeva:E l’acacia ferita da sé scrolla | il guscio di cicala | nella prima belletta di Novembre.”  Al vento che cattura la foglia e la porta lontana da quella solitudine il compito di lasciare un po’ di speranza al lettore.

Il senso della vita e la sua ricerca viene anche evidenziato nelle poesie Come la neve, (Come la neve che cade | su strade bagnate | è la vita mia.),   “Il fiume inesorabile degli anni“, e nella lirica “Farfallein cui il tema della ricerca si intreccia con la necessità di essere amati: “I fiori più belli, a volte, | non profumano, | non hanno colori sgargianti, | ma attendono farfalle… | Per poter sbocciare.”

Nella poesia Io sono il poeta si lancia alla ricerca del proprio essere, della ragione per la quale vivere. La poesia sembra un ricorrersi di emozioni, di domande, ed emerge la solita disperazione, ma anche una forte esaltazione e consapevolezza di sé. “Chi sono io? | Dio, uomo, serpente! “

La tentazione di sant'Antonio - Salvador Dalì

L’autore decide di iniziare la propria lirica con un vento di misticismo, chiedendosi se può essere un Dio, inteso come il dio delle religioni monoteiste, o un uomo, capace di segnare la storia, o il serpente adorato dalle religioni dei Pellerossa. Continua in tal senso: “Io sono Buddha, io sono Zuzeca, io sono Cristo.”  Ma poi l’Elohim, il poeta mistico, cade sulla terra e sente la necessità di chiedersi di cosa sia composta la sua essenza: “Sono carne,| sono fango,| sono letame.” In uno scendere di definizione e di “sostanza del suo essere, la carne dell’autore diventa fango, materia da cui proveniamo, “terra alla terra”, fino a ridursi al minimo segno che l’uomo lascia della propria presenza: il letame. E da qui tutte le contraddizioni di un Mistico costretto a farsi uomo, che sa di avere in sé l’essenza del dio e dell’uomo, di contenere la verità ma anche la menzogna, di essere ancora un bimbo senza esperienze di vita ma anche un vecchio che ha già vissuto abbastanza, e la velocità di queste strofe lo travolgono riducendolo ai minimi termini, facendolo diventare un piccolo ed insignificante uomo… finché arrivati all’ultima strofa egli afferma: “Io sono nessuno, | eppure diverrò un gigante.” E nel cuore dell’Elohim ritorna la fiducia di un futuro da grande uomo.

Questo è un libro da leggere, e assaporare, come l’opera prima di un giovane poeta che in esso mette le basi per un futuro fatto da liriche sempre più profonde e belle. Una raccolta di poesie, pensieri, sofferenze, che racchiudono in sé le emozioni di molti giovani che cercano nella vita un punto di contatto con la realtà e l’amore.

Non mi resta altro che dire al lettore che per l’ennesima volta dalla sofferenza nascono grandi pensatori e ottimi poeti.

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