“Il cammino di Alessandro” Breve Biografia |
Prima Parte: “La scrittura come rifugio”
Non ricordo bene quando fosse, non ricordo l’anno, ma ricordo che era estate, forse del 2001, e stavo leggendo un libro: “Filosofia per tutti” de “Il Saggiatore.”, e mentre leggevo questo libro alzai la testa e fiero di me dissi: “Diventerò uno scrittore a mia madre. Il suo sguardo fu compassionevole, sembrava dire tutto: “Sogni ad occhi aperti non ne hai le capacità”. Fu la mia prima grande delusione in questo percorso che mi vedeva impegnato a cercare me stesso attraverso alla parola, fatto anche di persone a cui tenevo che mi iridevano e non mi consideravano come un potenziale poeta. Leggi il seguito di questo post »
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Una tragedia, ero vergine, e odiavo vivere. Avevo 27 anni e non sapevo cosa volevo né chi ero. Era il 2002, il settembre, e da 12 anni ero depresso. Decisi di cambiare lavoro in quel periodo e con il cambio di vita mutai io. Cominciai a provare un malessere che mai avevo provato. Alla sera me ne stavo disteso sul letto mentre tutto girava, e le pareti e il soffitto mi sembravano muoversi, o deformarsi. Ricordo l’espressione basita dei miei genitori e la loro richiesta di aiuto verso non so chi nel tentativo di capire cosa mi stesse accadendo. Leggi il seguito di questo post »
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Terza Parte “Il ricovero”
Era il maggio del 2008 quando vi

fu la crisi depressiva più forte della mia vita, stetti un mese in malattia, e chiesi aiuto ad un sindacalista: non potevo più fare le notti. La comprensione è dura da trovare in un ambiente di lavoro, o nel mondo in generale. Ricordo che un collega aveva diritto a stare a casa tre giorni al mese perché il figlio era portatore di handicap, alcuni colleghi non lo sopportavano, non accettavano che lui stesse a casa quei giorni: la giudicavano un’ingiustizia. Io, sempre molto carino, augurai ad uno di essi di avere un figlio con le stesse problematiche, per poter star a casa 36 giorni in più l’anno. Gli dissi che così anche lui poteva fare week end lunghi a casa… Leggi il seguito di questo post »
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Parte Quarta “Tante storie, tante verità”
Era il decimo giorno di ricovero, quando decisi di fermarmi e rifugiarmi in me stesso. I troppi attriti con gli altri pazienti della Clinica Psichiatrica mi stavano distruggendo, e io decisi di frequentare solo chi mi avrebbe potuto dare beneficio e serenità. Vi era in fondo al mio reparto una stanza gialla con otto tavoli, sempre illuminata dal sole e che era poco frequentata: decisi che quel luogo sarebbe diventato il mio rifugio. Chiesi ai miei genitori di portarmi il pc, che non era collegato ad internet, per poter mettere giù su “carta” un po’ di pensieri e rivivere scrivendole le mie sensazioni. Leggi il seguito di questo post »
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Parte Quinta “Sosta forzata”
Uscire dalla clinica non fu facile, non fu come varcare una qualsivoglia porta e rientrare nella realtà, ma significò riprendere a vivere nella realtà, senza più essere circondato da “simili” e da un recinto ben definito. Ma ”Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo. (Ecclesiaste 3.1)”, ed era arrivato anche il tempo di tornare a vivere e riaffrontare il mondo reale. Il 10 ottobre 2008 si concluse un ciclo della mia vita, i 44 giorni più intensi della mia vita, forse fra i giorni che segnarono di più la mia coscienza e il mio modo di percepire il mondo. Leggi il seguito di questo post »
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Parte Sesta: “Rendere fertile la terra”
Uscito dalla Clinica iniziai un percorso di ricerca interiore, fatta di lettura, di isolamento, ma anche di iniziative che mi portavano fuori strada, totalmente fuori strada, per poi riprendere il mio viaggio ancora più sicuro. Era difficile vedere apparire i primi risultati e chi mi circondava non capiva quanto la mia terra fosse arida e quanto andava ancora coltivarla con prodotto specifici per poterla rendere di nuovo fertile. Dio sa quanti frutti son marciti appesi alle piante, quanto seme è stato versato inutilmente in terre che non generavano prole, quanto amore non ho ricevuto durante questo percorso eppure la mia strada era quella, e non potevo dire a nessuno che la stavo percorrendo perché sentivo diffidenza verso di me, perché sapevo che in un mondo frenetico nessuno avrebbe capito la mia necessità di fermarmi e guardare l’acqua del fiume scorrere. Leggi il seguito di questo post »
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