“Frammenti e rinnovamento: la poesia di Red Lily” recensione di Lucia Guidorizzi

L’emblema di un giglio rosso: niente come questo ossimoro può rappresentare meglio la poesia di Giulia Panetto che

Red lily flower drawing by watercolor, hand drawn vector illustration

quando scrive sceglie questo eteronimo in grado di coniugare la purezza assoluta di un’anima naturalmente nobile con la passione più incandescente e pervicace.
Da questo binomio, oserei dire “mistico”, scaturisce una poesia visionaria profonda ed intensa, prodotto di un percorso spirituale arduo ed impervio, affrontato con determinatezza consapevole.
I versi di Giulia Panetto, ad una prima lettura, ci fanno venire in mente la grande poesia di Emily Bronte e di Emily Dickinson, con le quali ha in comune un sentimento di comunione nei confronti della natura e la stessa forza coraggiosa nel rigettare i modelli tradizionali e stereotipati della femminilità.
Come le due Emily, Giulia, fedele al proprio sentire, non si lascia convincere ad adattarsi alle circostanze, non sceglie mai quello che le conviene in base al vantaggio, ma sa vivere lo scacco e la perdita come occasioni di rinascita.
La ricchezza e la molteplicità di toni che caratterizzano il suo universo poetico, uniti ad un rigore e ad un’autentica dedizione alla poesia, rendono la sua scrittura in grado di risuonare in profondità col nostro mondo interiore.
Nei suoi versi troviamo una grande eleganza stilistica ed una ricercatezza lessicale che a tratti ricorda anche certa poesia dei metafisici inglesi, (non dimentichiamo che Giulia ama comporre anche direttamente in Inglese) anche per il preziosismo delle metafore e degli accostamenti.
La sua raccolta, “Frammenti e rinnovamento” è divisa in due sezioni, la prima, composta da poesie e la seconda da poemetti. All’interno della prima parte c’è però un’ulteriore cesura, costituita dalla poesia il cui titolo da il nome al libro e che caratterizza una sorta di spartiacque tra un “prima” ed un “dopo” esistenziali.

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Opera: Frammenti di specchio di Elisa Fabbian

“Incrocio mille nodi a frammenti di specchio:/RITORNO/e la sera si accomoda/a servire l’assemblea stellare/della cupola estiva./Variopinti frammenti./Corde di arpa/a formare radici/irrigate di fulgidi riflessi./S’innesca l’esplosivo rinnovamento./Stupore e silenzio.”

Nella prima sezione dedicata alla poesia Giulia alterna la forma breve dell’haiku a poesie più lunghe ed articolate. Scrive in “Orizzonte”:

“Concentrata/su un mare d’inverno,/scorgo due lumini/sul bianco orizzonte.”

E in “Armonia”:

“Dipingere/linee d’argento/su colline/dai pendii ombrosi.”

Nelle poesie più lunghe ci sono immagini intense e complesse, metafore viventi di condizioni e stati d’animo come in “Notte surreale”:

“La fiaccola sale dal più oscuro dei mari/alla limpida notte stellata./Questa è la mia notte:/Riparo sicuro dei miei pensieri./Ascolto la notte./Non abbandono la silenziosa stella.”

“Resurrezione”, la poesia che chiude la sezione, evoca un’atmosfera magica e misteriosa:

“Ehi, dico a voi Paroliere del vespro!/non sa forse che parole vaganti/conoscono soltanto i propri tormenti/e rincorrono un filo trasparente/nell’impetuoso vento?

La seconda parte del libro, intitolata “Poemetti” consta di testi più lunghi e strutturati ispirati a personaggi del mito, della letteratura e dell’arte, come Icaro, Cyrano de Bergerac, Frida Kalho.
Giulia scrive nella chiusa di “Icarus”:

“Non temere, Icarus è qui,/ci sorprende con le sue ali/ma la cera non si scioglie/se mantieni la rotta sicura:/sulla superficie del vasto mare/tu puoi ancora sognare./Sognare.”

E in ”Luna d’incanto e marea”:

“La marea è colei che immola/una nave priva della sua prora.”

L’ultima poesia è un omaggio a Frida Kalho, la grande pittrice messicana dalla vita inquieta e tormentata, ma intensamente creativa.

“In gelide notti hai atteso/il calore di tante fiaccole surreali,/vuoi udire le acclamate tele/nella tua terra,/dalle amare radici./Amara è la vita,/sfortuna porta con te le mie pene,/oltrepassa le sfumate carezze/di amorosi incidenti:/siete tutto questo per me,/destino prorompente alla vita che pulsa.”

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Opera: Lo-scoppio dell’anima di Dina Bova

E chiude:

“Niente rimane in me./Bruciami tra le radici/di ciò che sono stata./Non tornerò mai più.”

Giulia Panetto, nei suoi versi sa dialogare magistralmente con la luce e l’ombra, accoglierle dentro di sé, amarle e desiderarle come ingredienti indispensabili dell’esistenza stessa.
Il suo coraggio poetico e visionario nell’amare la bellezza che scaturisce dal contrasto ci insegnano che l’esistenza è una nobile sfida da cui trarre insegnamenti ed un’occasione sempre e comunque per la propria crescita spirituale.

Recensione di Lucia Guidorizzi

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“La persistenza della memoria”: anamnesi e nekyia nella scrittura di Alessandro Bon (di Lucia Guidorizzi)

fronteScrivere un libro può essere dettato da tanti motivi: amore per il raccontare, per il raccontarsi, per comunicare un messaggio e, ancor di più se si tratta di un libro di poesie, significa esporre in modo disarmato la parte più intima di noi, quella più segreta e vulnerabile.
Non ho mai creduto ai poeti che giravano intorno alle loro parole, che minuettavano con i loro versi in forme scopertamente narcisistiche.
Perché la parola sia fuoco, è necessario che ci bruci, e che lasci segni evidenti di questo incendio: ustioni, cicatrici, che rendono i nostri paesaggi interiori ricchi di affascinanti contrasti.
Alessandro Bon ci offre attraverso la sua scrittura poetica il suo coraggio e la sua fragilità, il coraggio con cui ogni giorno ingaggia un corpo a corpo coi suoi demoni interiori e la fragilità di un equilibrio duramente conquistato, ma sempre in bilico, poiché niente mai è definitivo.
Grande qualità presente in questo libro è la capacità di Alessandro Bon di entrare in profonda empatia con il vivente, sia esso uomo, donna, vecchio, bambino, animale o pianta, che gli permette d’interagire in profondità con l’Altro, che sempre è specchio di noi stessi e del nostro divenire. Per Alessandro vedere qualcuno che soffre, attiva immediatamente la sua area emotiva, creando una corrente emozionale tra lui e questa persona al punto di sentire il suo male dentro di sé.
Ogni uomo è alla ricerca della felicità, o perlomeno di un equilibrio, che renda possibile la capacità di abitare il nostro pianeta, ma questa ricerca si fa impossibile, se non siamo capaci di entrare in empatia col nostro prossimo.
Il viaggio presente in questo libro, attraverso i meandri della memoria, conduce Alessandro Bon a rievocare i momenti più bui della sua vita, in una sorta di Nekyia, discesa agl’Inferi, che gli permette di acquisire una consapevolezza nuova dei suoi limiti e di quelli degli altri.
Pertanto, il libro “La persistenza della memoria” coniuga in sé due aspetti importanti: l’anamnesi, ovvero la ricerca a ritroso della storia e del significato dell’esistenza, fino alle radici dell’Essere e la Nekyia, viaggio infero nelle profondità di se stessi, che fin dai tempi antichi i poeti hanno intrapreso (basti pensare ad Orfeo e Dante). Continua a leggere ““La persistenza della memoria”: anamnesi e nekyia nella scrittura di Alessandro Bon (di Lucia Guidorizzi)”