Sull’Eutanasia

Le Tre Parche, particolare dal Trionfo della Morte, arazzo fiammingo, 1520 ca.

Le Tre Parche, particolare dal Trionfo della Morte, arazzo fiammingo, 1520 ca.

Le Tre Parche, particolare dal Trionfo della Morte, arazzo fiammingo, 1520 ca.

La violenza può essere esercitata sotto varie forme. Non servono armi, né percosse per essere violenti. Basta una minaccia, delle urla, una pena sproporzionata, la coercizione. Basta obbligare una persona a vivere secondo le regole della maggioranza. “La maggioranza vince” è una frase fascista. Si è bello dire che in democrazia la maggioranza vince le elezioni. Ma le elezioni servono a governare un paese ed è necessario che vi siano regole. Ma pensare che la maggioranza debba anche governare la vita altrui è terribile. Fascista, o cristiano, o islamico, o comunista. Ma resta orribile.
Se poi a decidere delle sorti di migliaia di donne sono una minoranza di uomini quale maggioranza vince? Chi deve poi decidere quanto io debba vivere? Chi è padrone della mia vita, del mio tempo qui su questa Terra, se non io o il Fato?
Ho paura quando provo a pensare alla violenza di chi vuole imporre a un uomo ferito, inerme indifeso di vivere secondo le sue regole. Perché è così che esercitano la loro forza questi vigliacchi. Possono imporre la vita solo a chi non ha la capacità di togliersela. Allora il suicida sano è avvantaggiato su chi vuole l’eutanasia. Perché non puoi imporre a chi può correre, pensare, muoversi liberamente di morire. Ma puoi imporlo a chi è indifeso. Così ché egli si trovi indifeso di fronte la malattia e di fronte lo Stato che è in mano a una presunta maggioranza di violenti, fascisti che vogliono sostituirsi alle Moire togliendo loro la forbice con cui possono recidere il filo a cui è appesa la vita di ognuno di noi.

 

Pubblicità

Ali di plastica (Alessandro Bon)

2mxekokAvevo poggiato un paio d’ali su una finestra,
certo non avevan piume,
ma erano di plastica.

Quelle ali che alcuni mettono a carnevale,
soprattutto le bimbe per sembrar fate.
Non ricordo perché le avevo comprate,
non certo per me.

Avevo chiuso l’uscio della stanza,
e lasciato socchiuse le finestre,
poi, intorpidito dal sonno,
mi coricai a letto, solo come sempre.

Mi sveglia in cielo con immense ali d’aquila,
sorvolavo la pianura padana,
mi sentivo finalmente vivo,
leggero come un aliante.

Gli occhi vedevano il mondo di sotto,
il cuore batteva forte,
e finalmente capivo le proporzioni delle cose,
ma anche delle persone.

Ero a letto quando mi svegliai,
e non avevo più ali,
né d’aquila sulle spalle,
né da fata sulla finestra.

Giù, nel cortile, una bimba cantava,
le ali da fata la facevano sognare,
e io mi ricordai perché le avevo sulla finestra,
erano cadute dal piano di sopra sul terrazzo…

Eppure, ero stato aquila anch’io…
Pur sempre con ali da fata,
pur sempre con ali di plastica.

© Alessandro Bon

Non conosciamo mai la nostra altezza (Emily Dickinson)

rinascere-520x245

Non conosciamo mai la nostra altezza
finché non siamo chiamati ad alzarci.
E se siamo fedeli al nostro compito
arriva al cielo la nostra statura.

L’eroismo che allora recitiamo
sarebbe quotidiano, se noi stessi
non c’incurvassimo di cubiti
per la paura di essere dei re.

1210265587371_3Diciamo quindi che per “istante” (waqt) si intende l’attribuzione ipotetica a un’entità di qualcosa che non possiede la realtà oggettiva che le viene attribuita. Si tratta di una supposizione, come quando per esempio supponiamo in una figura sferica un inizio, una metà e una fine, mentre in realtà essa, in sé e per sé, non ha in atto né un inizio, né una metà, né una fine, ma è solo in via di supposizione e di ipotesi che concepiamo tali distinzioni. Ebbene, l’istante è una supposizione che facciamo nel tempo, perché quest’ultimo è circolare, così come Dio ha creato il principio, ed è simile a una sfera. L’inviato di Dio ha detto: «In verità, il tempo ha compiuto una rotazione completa, tornando alla configurazione che aveva il giorno in cui Dio ha creato», ricordando in tal modo che Dio lo ha creato roteante e dunque gli istanti (che in esso immaginiamo) sono delle vere supposizioni

(Le rivelazioni meccane – Ibn Arabi)

Sull’anima ( Platone – Fedro)

white flower growing on crack street in sunbeam, soft focus

white flower growing on crack street in sunbeam, soft focus

L’anima se ne sta smarrita per la stranezza della sua condizione e, non sapendo che fare, smania e fuor di se non trova sonno di notte né riposo di giorno, ma corre, anela là dove spera di poter rimirare colui che possiede la bellezza. E appena l’ha riguardato, invasa dall’onda del desiderio amoroso, le si sciolgono i canali ostruiti: essa prende respiro, si riposa delle trafitture e degli affanni, e di nuovo gode, per il momento almeno, questo soavissimo piacere. […] Perché, oltre a venerare colui che possiede la bellezza, ha scoperto in lui l’unico medico dei suoi dolorosi affanni. Questo patimento dell’anima, mio bell’amico a cui sto parlando, è ciò che gli uomini chiamano amore.