Abbiate fede ….il domani sarà meraviglioso

Recensione di Martina Galvani

Piantare gli occhi in faccia al nemico chiamandolo per nome: anche così potrebbe essere definito il contenuto di questa prova letteraria firmata da Alessandro Bon. 

L’autore veneziano, infatti, non nasconde e non ostenta: semplicemente espone, con linguaggio spontaneo e diretto, la sua esperienza di persona colpita dalla depressione, e lo fa ripercorrendo le fasi di questa patologia fin dal suo primo manifestarsi. Sarebbe stato facile cadere nell’autocelebrazione, per essere riuscito a non lasciarsi sopraffare dal “male oscuro”, o nell’autocommiserazione, proponendosi come soggetto vittima di una situazione difficile da gestire, ma Bon riesce ad evitare entrambe le insidie, pur suscitando intensa partecipazione emotiva, con il coraggio e l’umiltà di chi vuole capire e lottare, animato dall’intento di condividere il suo percorso di vita con il lettore. L’arrivo della depressione sancisce un “prima”, un “durante” e un “dopo”, nell’esistenza di Alessandro: momenti nei quali si assiste a una dolorosa discesa nell’abisso, che prevede però un salvifico riappropriarsi di sé.

Il libro è pubblicato dalla Fondazione “Alvise Marotta Onlus” all’interno della collana “Un libro in aiuto”, un’ iniziativa curata dal prof. Umberto Marotta, da molti anni impegnato nell’informazione scientifica in tema di disagi comportamentali, la cui missione è divulgativa: conoscere e riconoscere ogni sintomo legato alla depressione è l’unica via possibile per intervenire tempestivamente.

Alessandro Bon sceglie la strada della chiarezza nel raccontarsi, conducendo il lettore all’interno di una realtà inquietante perché normale, come un dipinto di Hopper dove il minimalismo e la staticità sembrano immersi in un assordante silenzio d’attesa. Il messaggio di quest’opera è forte e propositivo: da un punto di non ritorno è possibile tornare.

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The Endless River (Pink Floyd)

Il viaggiatore è come un cielo | Che il vuoto non riempie mai || Contro la sua barca onde | Rotolano i loro destini | Come uccelli sfiorano | Le linee curve del sole | Le pareti del cielo || Perciò il Viaggiatore | Sarebbe un’onda – direbbe l’uccello | Un volatile – risponderebbe la schiuma || Ma il Viaggiatore muta | Ecco perché è il vuoto | E ancora il cielo che il vuoto non riempie mai (Il viaggiatore è come un cielo, Versetti per un viaggiatore (1983)

“Dal profondo dell’anima” Carl Gustav Jung (tratto da)

“Oggi si vuol sentire parlare di grandi programmi politici ed economici ossia proprio di quelle cose che hanno condotto i popoli ad impantanarsi nella situazione attuale, ed ecco che uno viene a parlare di sogni e di mondo interiore…tutto ciò è ridicolo, che cosa crede di ottenere di fronte ad un gigantesco programma economico, di fronte ai cosiddetti problemi della realtà. Ma io non parlo alle nazioni, io mi rivolgo solo a pochi uomini. Se le cose grandi vanno male, è solo perché i singoli individui vanno male, perché io stesso vado male, perciò, per essere ragionevole, l’uomo dovrà cominciare con l’esaminare se stesso, e poiché l’autorità non riesce a dirmi più nulla, io ho bisogno di una conoscenza delle intime radici del mio essere soggettivo. E’fin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito neppure la società può rinnovarsi poiché essa consiste nella somma degli individui.” (C.G.Jung)

“Il delfino” di Sergio Bambarén

Bottlenose Dolphins (Tursiops truncatus) Caribbean Sea, Roatan, Bay Islands, Honduras

Bottlenose Dolphins (Tursiops truncatus) Caribbean Sea, Roatan, Bay Islands, Honduras

I sogni sono fatti di tanta fatica.
Forse, se cerchiamo di prendere delle scorciatoie,
perdiamo di vista la ragione
per cui abbiamo cominciato a sognare
e alla fine scopriamo
che il sogno non ci appartiene più.
Se ascoltiamo la saggezza del cuore
il tempo infallibile ci farà incontrare il
nostro destino.
Ricorda:
“Quando stai per rinunciare,
quando senti che la vita è stata
troppo dura con te,
ricordati chi sei.
Ricorda il tuo sogno”.

Sergio Bambarén da “Il delfino”

Ai miei versi scritti così presto (Marina Cvetaeva)

Ai miei versi scritti così presto
che nemmeno sapevo d’esser poeta,
scaturiti come zampilli di fontana,
come scintille dai razzi.
Irrompenti come piccoli démoni
in un sacrario di sogno e d’incenso,
ai miei versi di di giovinezza e di morte,
versi che nessuno ha mai letto!
Sparsi fra la polvere dei magazzini,
dove nessuno li prese o li prenderà,
i miei versi, come i vini pregiati,
avranno la loro ora.