“Il cammino di Alessandro” VII: scoprire l’altro sé

« O uomo! Viaggia da te stesso in te stesso. »
(Mawlānā Jalāl al-Dīn Rūm)

 

 

Danzatore Sufi

Danzatore Sufi

Un viaggio dentro me stesso iniziato oltre vent’anni fa, sembra giunto sulla strada giusta. Ancora poche catene e sarò libero? Non lo so. Soraverso delle semplici parole, ma mai messo su carta. Un viaggio attraverso il buio della depressione, dell’isolamento, della tristezza, di una sessualità non vissuta bene. Poi all’orizzonte un po’ di luce e comprensione. Nuovi amici scovati grazie ai social network, e nella realtà. Persone che per la prima volta gratuitamente mi han ascoltato e mi han amato per ciò che ero, e sono. Comprensione, con prendere, prendere una persona con sé e accettarla. Gianfranco, Grazia, Martina, Lorella, Rachida, Noemi, Tarcisia… Sono mattonelle d’oro lungo il mo cammino. Pochi passi mi han portato verso questa strada intrapresa sempre con più convinzione.
Serve saper scegliere i Maestri, e per far ciò serve umiltà, e comprendere le priorità. Accantonare il denaro, il denaro è fine a sé stesso, serve per comprare cibo, per avere un tetto, un’istruzione, e in questo periodo storico internet.
Devi saper scegliere i Maestri, ma per far ciò serve umiltà, ammettere a se stessi che non si è già arrivati e mettersi in dubbio. Come affermava Socrate: “Io so di non sapere” e ammettere che ciò che non conosciamo né comprendiamo non ci è estraneo, ma ci è lontano. “Riguardo alle cose umane non ridere, non piangere, non indignarsi, ma capire” come affermava Baruch Spinoza
Un pensiero iniziato sette anni fa, il mio sentiero che spesso si riempie di fango, ma il fango non sporca, perché, il fango è terra madre del cibo che ci nutre.

Continua

Maurits Cornelis Escher

Maurits Cornelis Escher

Gli altri. Una parola fondamentale nella nostra società. Perché è l’altro che ci troviamo di fronte, e la definizione di questo genera il nostro rapporto con lui. L’”altro” come colui che non ci appartiene, era una definizione che cercai di dargli quando nel 2008 ero ricoverato al Parco dei Tigli. Colui che non ti appartiene, non può toccarti, così come non deve influenzarti, né renderti partecipe della sua vita. Ma questa definizione è data dalla paura di se, prima che della paura dell’altro. Temiamo l’altro per cui lo allontaniamo, ma temiamo l’altro perché temiamo noi stessi, e i nostri limiti. All’ora l’altro siamo noi, perché nell’altro spesso ci rivediamo, e perché altro rispetto a chi ci è di fronte siamo noi. E se ognuno di noi interpretasse l’altro come un nemico, un diverso da allontanare, noi saremmo soli. Perché tutto il resto dell’umanità è l’altro. Così l’uomo che si specchia vedendo la propria immagine come un’entità diversa, perché se egli alza il braccio destro essa alza il sinistro. Ma non è diversa da noi, è semplicemente un Io diverso, vediamo noi stessi sotto un’altra prospettiva. E se Io non riesco a accettare l’immagine che ho di me, o che altri hanno di me, come posso accettare l’altro? Così il dubbio si fece ricerca. E scoprii che ciò che mi terrorizzava era ciò a cui ambivo: conoscere. Conoscere significa abbassare le barriere, e permettere all’altro di entrare e renderci parte di sé e essere parte di lui. O lei. Perché come insegna Lao Tze nel “Tao Te ching” c’è sempre una radice del nostro opposto in noi. Nel giorno vi il buio, nella donna vi è l’uomo, nella gioventù vi è la vecchiaia. E viceversa. Così l’altro diventa ricerca di se, e se diventa l’altro. La conoscenza come medicina contro la chiusura. La scoperta della donna diventa scoperta della sua sessualità, e quindi della propria, esplorare lei, per esplorare se. La ricerca di un proprio equilibri vuol dire scendere dalla corda su cui si cammina per evitare di toccare terra, e camminare assieme a chi ci è sempre stato vicino. Prendere per mano chi ci ha sempre amato, e conoscere chi non abbiamo mai voluto incontrare.
La comprensione di chi prima era altro, passa attraverso la nostra armonia interiore. E porsi domande, e non evaderle significa crescere e procedere verso una nuova consapevolezza.
Così si guardano con occhi diversi i propri genitori, e si scopre che non sono entità astratte e distanti, ma umane e con i loro limiti e le loro forze, che hanno saputo vivere e affrontare difficoltà che tu non conoscevi, ma che in mezzo all’oceano privo di pietà che spesso è la vita, han scelto te figlio come porto in cui riposare.
Se conosci i tuoi limiti e cerchi di capire te stesso tutto ciò che incontrerai lungo la tua strada assumerà nuovi profumi, e nuove sensazioni ti saranno concesse da madre natura.
Come spezzare ora le ultime catene me lo dirà il tempo. O forse l’esplorazione di nuove parole.

Se ti è piaciuta la biografia devi sapere che questa fa parte del mio nuovo libro:

—-> La persistenza della memoria

Disponibile in Ebook o cartaceo.

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Questo testo è di Proprietà intellettuale di Alessandro Bon può essere usato solo citando l’autore Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5 Italia License.
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