L’ascesa al paradiso celeste di Hieronymus Bosch


«In questo mondo (l’anima) è sprovvista di conoscenza, tranne quando è ormai in punto di morte; in quel momento fa un’esperienza analoga a quella provata da coloro che si sottopongono all’iniziazione ai grandi misteri. Perciò anche il verbo “morire” come l’azione che esso esprime sono simili al verbo “essere iniziato” e all’azione da questo denotata. Dapprima si erra faticosamente, smarriti, correndo timorosi attraverso le tenebre senza raggiungere alcuna meta; poi, prima della fine, si è invasi da ogni tipo di terrore, spavento, tremore, sudore e angoscia. Finalmente una meravigliosa luce viene incontro e si è accolti da luoghi puri e da prati, dove risuonano voci e si vedono danze, dove si odono solenni canti ieratici e si hanno sante apparizioni. Tra questi suoni e queste visioni, ormai perfetti e pienamente iniziati, si diviene liberi e si procede senza vincoli con ghirlande di fiori sul capo, celebrando i sacri riti assieme agli uomini santi e puri; si osserva la massa degli uomini che vivono qui sulla terra, non iniziati e non purificati, calpestarsi e spingersi insieme nel fango e nella polvere, attanagliati dalla paura per i mali della morte a causa della mancanza di fiducia nei beni dell’Aldilà. Così si può comprendere come l’intreccio e la connessione con il corpo sia per l’anima contro natura…».
(Plutarco Fr 178)

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