Un giorno un enorme cataclisma si scatenò sulla Città di Sale, tutto crollava, le persone gridavano impaurite, il terrore e le lacrime segnavano i volti dei cittadini.
Un vecchio se ne stava in disparte, gettando sassi nel ruscello che placido passava di fianco alla città, indifferente a tutto ciò che attorno a lui accadeva.
Finito il terremoto, gli abitanti circondarono il vecchio gridandogli in faccia la loro indignazione, e chiedendogli il perché non fosse terrorizzato. Era questo che li infastidiva, non tanto il suo non intervenire, ma l’apatia con cui aveva vissuto la catastrofe.
Sorridendo il vecchio gli rispose: “Cari amici, io ormai ho finito la mia vita, ma sappiate che un giorno son stato anch’io un fanciullino, e venivo qui a gettare sassi nel ruscello. Poi, purtroppo, partii per la Grande Guerra, e tornato trovai tutto il paese raso al suolo, e la mia famiglia sterminata. Piangendo, mi sedetti qui e tirai sassi nel ruscello.
Conobbi una ragazza del villaggio accanto, ed assieme ai pochi sopravvissuti ricostruimmo il paese. Ma, purtroppo, lei morì dando alla luce il mio unico figlio. E io venni qui a sedere per gettare sassi nel ruscello.
Mio figlio crebbe, e il villaggio gli parve piccolo, ed io un vecchio insensato, così partì e non fece più ritorno. Da allora tutti i giorno getto sassi nel ruscello.”
La folla mormorava, e non capiva dove volesse arrivare il vecchio.
“Amici cari, non capite? Il ruscello scorreva centinaia di anni prima che io gettassi il primo sasso, e scorrerà ancora per centinaia di anni, dopo il mio ultimo lancio. Noi siamo le gocce d’acqua che compongono il fiume, noi spariamo, eppure il fiume sembra sempre uguale.”