Avevo poggiato un paio d’ali su una finestra,
certo non avevan piume,
ma erano di plastica.
Quelle ali che alcuni mettono a carnevale,
soprattutto le bimbe per sembrar fate.
Non ricordo perché le avevo comprate,
non certo per me.
Avevo chiuso l’usci della stanza,
e lasciato socchiuse le finestre,
poi, intorpidito dal sonno,
mi coricai a letto, solo come sempre.
Mi sveglia in cielo con immense ali d’aquila,
sorvolavo la pianura padana,
mi sentivo finalmente vivo,
leggero come un aliante.
Gli occhi vedevano il mondo di sotto,
il cuore batteva forte,
e finalmente capivo le proporzioni delle cose,
ma anche delle persone.
Ero a letto quando mi svegliai,
e non avevo più ali,
né d’aquila sulle spalle,
né da fata sulla finestra.
Giù, nel cortile, una bimba cantava,
le ali da fata la facevano sognare,
e io mi ricordai perché le avevo sulla finestra,
erano cadute dal piano di sopra sul terrazzo…
Eppure, ero stato aquila anch’io…
Pur sempre con ali da fata,
pur sempre con ali di plastica.