Lettera di un figlio ad un padre: “Papà grazie dei tuoi sacrifici, non farne altri per lo stato”

Lettera a un padre

Caro papà mi ricordo di quando ci raccontavi della tua infanzia? A sette anni aiutavi tua zia a trasportare bibite per Burano perché non c’erano soldi: era l’Italia povera del dopo guerra, quella dei calzoni corti e dei buchi sotto le suole delle scarpe, con i geloni che spaccavano la pelle dei piedi. Io a 7 anni lavoravo di fantasia con mio fratello, che di anni ne aveva sei, immersi in un mondo fatato in cui non sapevamo neppure rifarci il letto.

Ti ricordi a 11 anni come passavi le tue giornate? Andavi a lavorare alle 7:00 con il battello, e poi fino alle 18:00 correvi davanti ai forni che lavoravano il vetro ad una temperatura di1200°C. Il vetro di Murano ti riempiva la pelle di schegge quando esplodeva, e le canne per soffiare ti bruciavano la pelle. In quegli anni appena tornato a casa ti buttavi in mutande in laguna, cercando ristoro in quell’acqua salmastra, a quei tempi ancora pulita e non inquinata da Marghera. Piangevi la sera perché non volevi andare a lavorare il giorno dopo. E tua mamma, inflessibile, ti spiegava che in quel dopo guerra servivano i bessi, o schei cioè soldi in veneziano, e che una famiglia composta da 6 figli e due adulti non poteva mantenere nessuno che non lavorasse. Io a 11 anni giocavo con i Transformer e sbuffavo se mi chiedevi di preparare e spreparare la tavola durante la cena. Non avevo idea di cosa fosse il lavoro, e quando tu mi accarezzavi il viso con quelle mani completamente piene di calli, senza un centimetro quadrato libero, non sentivo calore, ma graffi sulla pelle che a me infastidivano. Non capivo i tuoi sacrifici.

Ti ricordi papà quando d’estate c’erano oltre 30 °C all’ombra e in fornace l’aria toccava i 45° C? E i tuoi colleghi più giovani che ogni tanto si fermavano dicendoti che non ce la facevano a sopportare quel peso di oltre 30 kg di vetro a una temperatura di oltre 800 °C dall’altra parte della canna. Te lo ricordi papà? Che tornavi a casa ed eri ancora madido di sudore, nervoso, e non trovavi pace di notte, girandoti sul materasso senza riuscire a dormire e passavi tutta l’estate in piedi sulla finestra. Io avevo 15 anni e non avevo mai lavorato, bagnavo il giardino, tagliavo l’erba, studiavo e facevo atletica, ma non capivo la tua fatica… e il ventilatore mi toglieva un po’ di caldo.

Ti ricordi papà che a 55 anni hai avuto l’infarto? E sei dovuto stare a casa malato 3 mesi? Era più il dispiacere di non lavorare, che quello di non avere una vita serena. Non volevi andare in pensione, e non avevi mai fatto malattia. In 45 anni sei quasi sempre andato a lavorare. Anche con la schiena a pezzi, con il cuore che doleva.  Tu l’hai sempre fatto per noi: la mamma, io e mio fratello. Non ti è mai pesato.

Mio fratello si è laureato pagandosi tutta l’Università, vivendo e mangiando a casa nostra, ma senza chiedere un euro, e ha lavorato per mantenersi. Sempre in regola con le tasse.

Io mi son pagato da solo i dottori da quando mi son serviti vagoni di soldi per curarmi. E tu non hai voluto soldi in casa, malgrado lavorassi sin da quando avevo 20 anni.

La mamma ha avuto un brutto male, e poi è stata investita. E tu l’hai aiutata, lavorando in casa, dandoci conforto, e cercando di sorridere sempre.

Ora i politici chiedono alla vostra generazione di fare sacrifici, di lavorare ancora, ed ancora, per dare un futuro migliore a noi. Ma, in realtà non è per noi questo futuro ma per loro. Loro non vogliono rinunciare a nulla. Non vogliono essere privati dei privilegi. E Chiesa, Finanza, Politica, (e Mafia) chiedono a voi di lavorare di più promettendo a noi un futuro migliore.

Caro papà… Tu per me hai già fatto tanto, troppo. Miliardi di volte più di quello che ha fatto tuo padre per te. Tu sei la mia roccia, il sostegno su cui è stata alzata la Casa che è la nostra famiglia. Quella famiglia che ha per muro portante: la mamma. Ed io a 36 anni non ti posso che dire grazie. Non far più sacrifici per me. Ma soprattutto non farli per Loro. Non credere che io e te siamo in competizione, che io e te siamo nemici. Io sono TUO FIGLIO e tu sei MIO PADRE: Il più grande legame che ci sia. I miei nemici sono coloro che vogliono sfruttarti e sfruttarmi. I tuoi nemici sono loro.

Caro papà grazie per quello che mi hai dato…

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